domenica 3 giugno 2007

Sono Barone Jacopo, nato a Bologna nel 1984 e cresciutoci fino ad ora.
Sono entrato in contatto con Pino, titolare del bar Exodus, durante il periodo natalizio del 2005.
Inizialmente siamo rimasti in un formale rapporto di coinquilini, finchè non ho cominciato a riconoscere in lui una strabiliante sensibilità e attenzione, che per tutta l’adolescenza ho cercato sia in bande di quartiere (da più piccolo), che in professori, fidanzate e amici.
Pino è stata la prima persona al di fuori del mio disgregato nucleo familiare che mi ha reso non più solo.
E’ colui che mi ha incoraggiato, data la scarsa autostima, a portare avanti con fervore le mie tendenze artistiche in veste di musicista, mascheraro e burattinaio;mai deriso per la passione per il recupero di oggetti e prodotti di scarto, bensì spronato nell’etica del riciclo.
E’ colui che mi ha sempre fatto riflettere su miei atteggiamenti che avrebbero potuto ferire anche se inconsapevolmente, o ingenuamente, terzi.
E’ colui che davanti alle mie condanne etiche verso istituzioni, potere coercitivo e mass-media, mi ha sempre portato a valutarne innumerevoli pregi.
Il Pino che si cerca di mettere in cattiva luce, è colui con cui ho trascorso innumerevoli albe sul balcone di casa, commuovendomi per l’inenarrabile sensibilità e capacità di comprensione che ha verso chiunque, proprio perchè hai suoi occhi, siamo tutti persone che hanno diversi trascorsi di vita alle spalle, e dunque credo proprio che neanche verso il questore e chi lo sta tanto cercando di rovinare, lasci spazio a condanne. Piuttosto sono convinto che come sempre l’ho visto fare, stia cercando di trovare una sorta di riequilibrio in questa nuova destabilizzante situazione.
Per non cadere in malintesi, vorrei precisare tale tendenza alla comprensività, non si traduce nell’ospitare consapevolmente malavitosi, o soggetti che possano arrecare pericolo alla società.
Pino è lo stesso che con l’aiuto di suo fratello, per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, e assieme alla sorella, per quanto riguarda il campo culinario e la sua gestione, tenta il più possibile di dare spazio nel suo locale, a musicisti di vario genere e di varia fama, da ragazzi che cercano di inserirsi nel mondo musicale, a quelli già affermati.
Si fa in quattro per rifocillarli, e dargli una ricompensa economica, a discapito talvolta del suo guadagno.
Il soggetto in questione ha ospitato innumerevoli mostre, iniziative culturali e di volontariato, tra cui spicca negli ultimi mesi: “Sognando Tuzla”.
“Sognando Tuzla” è un progetto avviato circa tredici anni fa da una figura storica della Bologna interventista concreta e autonoma, Vilmo.
Vilmo ogni mese dallo scoppio del conflitto che vide coinvolti civili bosniaci, si reca con altri collaboratori nella zona di Tuzla, portando aiuti umanitari come indumenti, soldi e tanta forza d’animo, i principali utenti, sono bambini orfani.
Ciò che Vilmo vi risponde se gli chiedete cosa ne pensa del conflitto, è dettato dal suo semplice senso di umanità : “niente vinti, niente vincitori, solo persone che e necessitano di non essere dimenticate, bambini che cercano i loro genitori nelle carezze di chi è disposto a donargliele.”.
Questo semplice senso di umanità, di cui Pino si rifocilla, è ciò che lo lega a Vilmo, ed al suo progetto.
Le continue riunioni per decidere partenze, organizzazione di attività di finanziamento per il progetto, si sono tenute nella medesima saletta del bar dove a quanto pare si è verificato il litigio che lo porta ad essere incriminato, è la stessa saletta in cui grazie alla spinta di Pino, hanno avuto luogo cene vegetariane, con proiezione di documentari video e audio, con relativi concerti, per ricavare su offerta libera, dei soldi da portare direttamente nelle mani dei destinatari, senza passaggi intermedi.
Se Silvia, eccellente maestra di Yoga, tiene bisettimanalmente corsi nella saletta del Bar, per la modica cifra di 3 euro, interamente destinati al progetto “Sognando Tuzla”, è grazie all’esistenza dell’Exodus e di Pino.
Stasera 02/06/2007 alle ore 22.00, io e altri 8 ragazzi, stretti amici di Pino e aderenti al suddetto progetto, partiremo in furgone per l’ennesimo viaggio per Tuzla, viaggio in cui Pino ci avrebbe dovuto accompagnare, ma ovviamente, per rendersi disponibile alle forze dell’ordine in qualsiasi momento, ha dovuto rinunciare. Stasera partiremo anche con i soldi che Silvia ha duramente raccolto con le lezioni di Yoga, e se mancano i soldi della lezione che si sarebbe dovuta tenere giovedì, se mancano i soldi che avremmo dovuto raccogliere ieri con la cena di finanziamento in programma, è perchè il bar Exodus è stato chiuso. Ogni centesimo che non potrà pervenirci da tali attività, sarà causato dalla chiusura del bar; ogni giorno che trascorrerà essendo il bar chiuso, ed essendo il nostro punto di riferimento, Pino, posto sotto pressione per le accuse mossegli contro, sarà un grossa perdita per un polmone culturale come l’Exodus, che vede tagliate le sue radici.

Si parla della mia seconda casa e di quella di tanti altri come un covo di pregiudicati, clandestini e “punk a bestia”; vi assicuro che in questi miei, quasi ventitrè anni di vita, trascorsi anche a Firenze, Catania, Siracusa, New York, New Jersey, Senegal, e altri luoghi, avendo visto e frequentato innumerevoli bar, ristoranti e locali, con utenza molto diversa l’una dall’altra, di ogni estrazione sociale, malavitosi ne ho sempre incontrati, essendo tutti questi luoghi “PUBBLICI”.
Colpa non può essere fatta hai gestori perchè servono caffè, cibo e alcolici a cittadini che non dichiarano all’ingresso la loro fedina penale, o l’intenzione di spararsi sul lato opposto della strada, così come non può essere fatta colpa al gestore che preso dal lavoro, non si rende conto che in un attimo, in un' ala del locale si verifica una colluttazione.
Vorrei ancora porre in rilievo una faccia del bar Exodus, che continua ad essere omessa dagli articoli di presentazione che in questi anni hanno avuto spazio su tutte le testate giornalistiche.
Mi riferisco al ruolo fondamentale che il bar Exodus ed i suoi gestori svolgono nelle interconnessioni di mondi che apparentemente paiono essere molto lontani.
Se un operaio in pausa pranzo ha la fortuna di ricevere una lezione di storia dal professore in pensione Moreno, è perchè si trova ad essere in un luogo dove ciò è possibile, così come io, giovane artigiano, appassionato di antropologia, mi trovo a discorrere di massimi sistemi con un vigilante.
E se un avvocato si entusiasma a narrare vicissitudini della sua vita, ad un giovane come me ed a un professore di scuola elementare, seguiti poi da Max, chitarrista Metal, Daniel, studente di Scienze Politiche, Jhon, venditore di fiori, Alì delle alimentari a fianco, Luisa dipendente pubblica e Jerome, regista francese, Marian, acrobata aerea brasiliana, Peppe, consegna pizze calabrese, è perchè si trova in un luogo dove la dimensione umana è di casa, dove l’interscambio culturale e quindi territoriale e generazionale trova terreno fertile.
Per concludere, come ho anticipato, è circa un anno e mezzo che frequento Pino e il suo bar “centro culturale”, chi, con più anzianità di me, approfondirà ciò che io posso solo accennare; mi riferisco alla valenza di nucleo di interconnessione artistica che è l’Exodus, ed al ruolo centrale che i fratelli hanno nel porre in relazione soggetti.
Hanno visto luce diverse nascite di gruppi musicali quali i Gramigna, Urban Jungla e altri predecessori, sono nate collaborazioni tra mascherari e attori, acrobate e percussionisti, un ricercatore di etnomusicologia ed un suonatore di dijeridoo, un africanista e due percussionisti di stampo musicale di Africa sub-shariana, un musicista di musica elettronica ed un documentarista esperto in islamistica, una maestra di Yoga e due bassisti.....

In virtù di tutto ciò chiedo la riapertura immediata del bar Exodus e l’assoluzione di Pino,
ed esorto tutti gli utenti del bar e conoscenti di Pino alla riconoscenza dovutagli.

Jacopo Barone

Bologna, lì 02/06/2007

Scriveteci anche voi su exodusbar@gmail.com

Nessun commento: